La comunicazione della diagnosi
I familiari, e a volte anche i medici, sono restii a comunicare al malato la diagnosi di demenza; generalmente perché pensano così di proteggere il malato soprattutto in considerazione dell’assenza di terapie capaci di guarire.
Tuttavia vi sono anche molteplici motivazioni alla comunicazione della diagnosi: la persona informata potrà fare alcune scelte fondamentali per il suo futuro, sia in merito alla gestione patrimoniale (ad esempio decidendo di ritirarsi da attività imprenditoriali o scegliendo personalmente un amministratore) che alla gestione sanitaria (esprimendo le proprie volontà ad esempio tramite le DAT).
La comunicazione deve essere personalizzata: devo comprendere come e quando parlare al malato e come sostenere lui e la sua famiglia.
Nel comunicare la diagnosi devo quindi tenere conto:
- del livello di consapevolezza di malattia della persona;
- delle capacità di ricevere ed elaborare la diagnosi;
- dell’insieme delle necessità pratiche che il paziente deve sostenere;
- della presenza o meno di una rete di sostegno.
Una volta analizzati questi aspetti, per comunicare la diagnosi devo seguire alcuni passaggi:
- capire quanto la persona sa, e quando desidera sapere o non sapere;
- chiedere se e chi vuole avere vicino a sé;
- verificare che il malato abbia capito quando gli è stato detto;
- permettere al malato di esprimere i suoi sentimenti e pensieri;
- assicurarmi di aver compreso correttamente quanto riportato dal malato riformulando il suo pensiero e chiedendone conferma;
- rassicurarlo sulla possibilità di poter godere ancora di amici e dei propri hobby;
- offrire la possibilità al malato e ai suoi familiari di avere successivamente dei chiarimenti.
Quest’ultimo punto risulta particolarmente importante, infatti devo ricordare che la diagnosi è un processo e non si esaurisce in un unico momento perciò è necessario offrire la possibilità al malato e ai suoi familiari di avere successivamente dei chiarimenti.