Valutazione neuropsicologica a fini diagnostici

Il primo obiettivo della valutazione neuropsicologica a fini diagnostici è quello di giungere a distinguere le modificazioni cognitive compatibili con l'invecchiamento normale da un declino cognitivo patologico.

Il secondo obiettivo (quando viene accertata la presenza di un declino cognitivo patologico) è quello di contribuire alla diagnosi differenziale tra le diverse forme di demenza (malattia di Alzheimer, demenza vascolare, demenza frontotemporale, ecc.) e per tale motivo sarà indispensabile eseguire una valutazione approfondita.

La valutazione neuropsicologica di soggetti con sospetto declino cognitivo deve esaminare i principali domini cognitivi quali: attenzione (selettiva, divisa e sostenuta), funzioni esecutive (pianificazione, memoria di lavoro, flessibilità mentale, inibizione, giudizio critico), memoria (a breve e a lungo termine sia verbale che spaziale, memoria semantica), linguaggio (espressivo e ricettivo), abilità percettivo-motoria (abilità prassiche e prassico-costruttive, visuo-percettive), cognizione sociale (teoria della mente). L'esame di tali domini deve avvenire preferibilmente attraverso test standardizzati per i quali siano disponibili campioni normativi di riferimento, rappresentativi della persona esaminata (cultura, lingua madre, età e scolarità), con il più alto valore di validità e affidabilità possibili. La valutazione neuropsicologica non si avvale unicamente degli elementi quantitativi per giungere alla conclusione diagnostica, ma ricorre anche ad un'attenta analisi qualitativa (informazioni anamnestiche, stato emotivo-motivazionali della persona esaminata, eventuale presenza di fattori iatrogeni, strategie utilizzate nell'affrontare i test, tipologia di errori, ecc.).

I risultati quantitativi e qualitativi dell'esame dei principali domini cognitivi devono guidare lo specialista nella formulazione di ipotesi diagnostiche che determinino la selezione di ulteriori strumenti neuropsicologici per l'approfondimento di uno specifico dominio cognitivo. L’anamnesi cognitiva e funzionale riveste un ruolo importante nella selezione dei test neuropsicologici e nella formulazioni di ipotesi diagnostiche; non è sufficiente sapere il titolo di studio della persona, ma è necessario conoscere il rendimento scolastico (es. classi ripetute) e le esperienze culturali extrascolastiche (hobbies, residenza all’estero, viaggi, teatro, ecc.); tale anamnesi può essere raccolta con il paziente, ma spesso richiede integrazioni e conferme del caregiver.

Per ottenere una valutazione neuropsicologica approfondita, è quindi necessario effettuare un colloquio e somministrare numerosi test che richiedono almeno una seduta di un'ora, un'ora e mezza (vedasi fascicolo cognitivo-comportamentale della cartella CaCEDem). Nei casi di diagnosi dubbia (ad esempio nei soggetti con alta riserva cognitiva) sarà indispensabile un'ulteriore seduta di approfondimento. La programmazione delle due sedute in giornate differenti appare indicata anche per rilevare le fluttuazioni delle performance (tipiche di alcune forme di demenza come la demenza a corpi di Lewy).

La valutazione neuropsicologica si conclude con la stesura di un referto neuropsicologico esaustivo riportante in dettaglio le prove somministrate ed i rispettivi punteggi (punteggi grezzi, corretti, equivalenti o punti Z), i commenti dello specialista e la definizione di una diagnosi neuropsicologica. La produzione di un referto dettagliato garantisce la possibilità di monitorare nel tempo anche lievi modificazioni cognitive, ed appare particolarmente rilevante in soggetti altamente scolarizzati per i quali esiste un marcato rischio di falso negativo. Il referto neuropsicologico deve essere dettagliato anche in vista di un possibile intervento terapeutico (farmacologico o non farmacologico) per poter rilevare anche lievi modificazioni; qualora l'intervento non farmacologico consista in sedute di stimolazione cognitiva risulta importante indicare oltre alle abilità cognitive compromesse, quelle preservate che possono fungere da leva nelle attività da proporre.

Nella valutazione di soggetti con disturbo neurocognitivo ad esordio precoce (prima dei 65 anni) non può essere ignorata la ricaduta su attività complesse come la guida di veicoli a motore, l’utilizzo di macchinari potenzialmente pericolosi e l’attività lavorativa.