Il sistema dei servizi territoriali

Indice

1. I servizi domiciliari

a. Il Servizio di Assistenza Domiciliare (SAD)

b. L’Impegnativa di Cura Domiciliare (ICD)

c. L’assistenza informale e i servizi privati di cura

d. Welfare di Comunità

e. Il “Progetto Sollievo”

f. La Sezione Alta Protezione Alzheimer Domiciliare (SAPAD)

2. I servizi semiresidenziali

g. Il Centro diurno per persone anziane non autosufficienti

3. I servizi residenziali

h. Il Centro di servizi per persone anziane non autosufficienti

i. La Sezione Alta Protezione Alzheimer (SAPA)

1. I servizi domiciliari

a. Il Servizio di Assistenza Domiciliare (SAD)

Ha la finalità di sostenere la persona che vive con demenza nelle attività quotidiane della vita sollevando in parte il carico assistenziale della famiglia. Questo servizio ha l’obiettivo di consentire di rimanere il più a lungo possibile nel proprio contesto di vita e di relazione. Possono quindi accedervi tutte le persone che si trovino a vivere le difficoltà e le fragilità dettate dall’insorgere della demenza e dai cambiamenti che la stessa impone alla vita dell’individuo. Il SAD è inteso come intervento sociale unitario, globale ed integrato con altri servizi socio-assistenziali, socio sanitari, nonché con associazioni di volontariato e con enti preposti alla tutela dei cittadini presenti nei territori comunali secondo le finalità della legge 328/2000 e dai singoli regolamenti comunali. Si caratterizza per elasticità, flessibilità e tempestività delle prestazioni, che possono essere molteplici e diversificate in relazione ai bisogni dell'utente e agli obiettivi da raggiungere; si integra con le prestazioni di altri servizi socio-sanitari, in particolare nell'ambito dei programmi di ADI (Assistenza Domiciliare Integrata) prevista dai Piani di Zona, in collaborazione con l'Azienda ULSS.

Il SAD persegue le seguenti finalità:

· mantenere o recuperare le capacità residue di autonomia e di autosufficienza del singolo nell’ambito del proprio nucleo familiare;

· prevenire l’insorgenza di situazioni di disagio;

· favorire la permanenza nel proprio nucleo familiare e sociale, migliorando la qualità di vita dell’assistito nonché quella della famiglia di appartenenza, allontanando la necessità di ricorso alla struttura residenziale;

· svolgere attività di prevenzione per promuovere un’esistenza autonoma collaborando con le altre risorse del territorio al fine di evitare il fenomeno dell’isolamento sociale.

Comprende diverse prestazioni che si possono identificare con cinque aree di intervento:

1. cura della persona

2. governo della casa

3. vita di relazione

4. attivazione di collaborazione

5. attività informativa/formativa

La richiesta di attivazione del SAD va rivolta all'assistente sociale del Comune di residenza della persona in stato di fragilità causato dalla malattia. A seguito del colloquio che permette la valutazione del bisogno, l’assistente sociale effettua una visita domiciliare per identificare con la persona e il nucleo familiare il tipo di intervento da attuare a domicilio. A seguito della visita si dà avvio al servizio con l’invio al domicilio di un operatore socio-sanitario che seguirà il PAI pensato e condiviso con la persona e la sua rete di supporto. In alcuni Comuni il servizio di assistenza domiciliare può essere attivato anche temporaneamente per sostenere e addestrare i familiari o l’assistenza privata (badanti) sulle attività di base relative alla cura della persona.

Il servizio SAD è una prestazione sociale agevolata, questo significa che il servizio può essere erogato gratuitamente, parzialmente o totalmente a carico della persona in considerazione dell’ISEE presentato al momento della domanda di attivazione.

È importante sottolineare che accanto a questo servizio, molti Comuni hanno attivato altri servizi di supporto alla domiciliarità come la fornitura di pasti caldi a domicilio e i servizi di trasporto sociale. Questi, strettamente connessi al SAD, qualificano maggiormente l’offerta dei servizi a supporto della domiciliarità.

Anche la richiesta di attivazione di questi ultimi due servizi va rivolta all'assistente sociale del Comune di riferimento che a seguito del colloquio valuterà insieme alla persona e alla rete di riferimento la conseguente attivazione.

b. L’Impegnativa di cura domiciliare (ICD)

L’impegnativa di cura domiciliare (ICD) è un contributo erogato per l’assistenza alle persone non autosufficienti al proprio domicilio. Serve ad acquistare direttamente prestazioni di supporto e assistenza nella vita quotidiana, ad integrazione delle attività di assistenza domiciliare erogate dall’ULSS. Con l’ICD la Regione del Veneto nel 2013 ha riunito in un unico paniere tutte le prestazioni sociosanitarie di tipo domiciliare, unificando le prestazioni preesistenti: tra queste il “contributo Alzheimer19” e il “contributo Badanti”.

Ad oggi sono previste cinque tipologie di ICD, mutuamente esclusive, per la risposta a diverse tipologie di bisogno. L’ICDm è la specifica tipologia di ICD prevista per le persone con demenze di tutti i tipi accompagnate da disturbi del comportamento, ed è volta a “consentire l’aiuto a persone con particolare bisogno di supporto e assistenza in presenza di mobilità conservata o ridotta e di decadimento cognitivo e disturbi del comportamento che ne consentirebbero azioni a rischio dell’incolumità personale e dei conviventi (aggressività) oltre che la fuga (wandering)”.

Il valore economico dell’ICD è pari a 400,00 Euro mensili, che vengono erogati con frequenza trimestrale. I requisiti per l’accesso sono: la presenza di gravi disturbi del comportamento (punteggio PCOMP = 2 o 3, rilevato con la Scheda per la Valutazione Multidimensionale dell'Anziano-SVaMA semplificata, che viene compilata in sede di UVMD); punteggio NPI “frequenza per gravità” non inferiore a 25 (con punteggio di almeno 9 in almeno 2 dei seguenti 7 disturbi principali: deliri, allucinazioni, agitazione/aggressività, ansia, disinibizione, attività motoria aberrante, disturbi del sonno); punteggio NPI “stress caregiver”: non inferiore a 20 punti. Per accedere al contributo è necessario possedere un ISEE inferiore a 16.700,00 Euro.

Gli utenti di ICDm nel 2018 sono stati 4.644, pari mediamente al 2,2% della popolazione anziana non autosufficiente stimata del Veneto, calcolata secondo la metodologia illustrata al paragrafo 4.3.1. L’età media dei beneficiari è 86,1 anni per le femmine, che costituiscono circa il 75% dell’utenza, e 81,8 anni per i maschi. Nel corso del 2018 sono state chiuse 1.196 impegnative ICDm (25,7% del totale), di cui 652 per decesso (14%) e 377 per ingresso in struttura residenziale (8,1%).

c. L’assistenza informale e i servizi privati di cura

Buona parte dell’assistenza agli anziani non autosufficienti è delegata di fatto ai pazienti stessi e alle loro famiglie, attraverso il ricorso all’assistenza informale dei familiari o al pagamento di servizi privati di cura. I dati dimostrano infatti che mediamente poco meno di 20 anziani non autosufficienti su 100 ricevono in un anno assistenza in servizi residenziali o semiresidenziali con impegnativa (e poco meno di 6 su 100 accedono privatamente in struttura). Nell'ambito delle prestazioni erogate con il Fondo regionale per la non autosufficienza, altri 15 anziani ogni 100 non autosufficienti ricevono il contributo economico attraverso l’Impegnativa di cura domiciliare (il 12,8% riceve le ICDb pari a 120,00 Euro mensili e il 2,2% l’ICDm, pari a 400,00 Euro mensili, per persone con demenza e disturbi del comportamento).

Nel 5° Rapporto sull'assistenza agli anziani non autosufficienti in Italia20 si rileva la presenza di tre tipi di assistenza informale o privata, non fornita da alcun intervento pubblico:

1) l’assistenza informale da parte dei caregiver familiari;

2) il fenomeno delle assistenti familiari (badanti);

3) il ricorso all'assistenza privata out-of-pocket.

L’assistenza fornita dai caregiver familiari è uno dei pilastri della Long Term Care (LTC) in Italia. Secondo dati ISTAT - Indagine La conciliazione tra lavoro e famiglia (2011) - si stima che in Italia l’8,6% della popolazione tra 15 e 64 anni si prenda gratuitamente cura di adulti (inclusi anziani, malati e disabili). In Veneto l’applicazione di tale percentuale determina un numero pari a circa 267.000 persone, di cui due terzi appartengono alla fascia d’età tra 45 e 64 anni.

Il secondo pilastro della LTC è costituito dalle assistenti familiari, che in Italia si stima siano almeno 830.000, di cui il 90 per cento straniere e di cui la maggioranza senza un contratto di lavoro. Il numero di assistenti familiari regolari presenti nella nostra regione - secondo elaborazioni su dati INPS, Osservatorio sul lavoro domestico (2014) presentate nel 5° Rapporto sulla Non Autosufficienza - è pari a 31.500, di cui il 10,9% italiane e il 79,6% dall’Europa dell’Est. Solo il numero delle assistenti familiari regolari è pari al doppio del numero di operatori socio-sanitari e di infermieri equivalenti impiegati nel 2016 nelle strutture per anziani non autosufficienti del Veneto.

Una terza via, di cui non si dispone di una mappatura, è quella dei servizi out-of-pocket che offrono assistenza domiciliare privata, intesa come insieme di servizi sanitari e/o socio-assistenziali acquistati per ottenere aiuto pratico nella attività della vita quotidiana. Il modello di assistenza previsto è principalmente domiciliare e può comprendere altri servizi quali la veglia in ospedale, la ricerca, sostituzione e formazione di assistenti familiari, la fornitura di ausili. A questo fenomeno va aggiunta l’offerta crescente di polizze per la LTC da parte di compagnie assicurative.

d. Welfare di Comunità

L’invecchiamento e le trasformazioni socio-economiche hanno notevolmente indebolito i legami sociali penalizzando fortemente la fascia delle persone anziane fragili, che percepiscono in maniera maggiore la solitudine e l’isolamento. Tali aspetti provocano di conseguenza rilevanti condizioni di vulnerabilità. Per tale ragione in maniera sempre più diffusa su tutto il territorio regionale, i Comuni, che per elezione sono i punti più vicini al cittadino e nei quali viene rinsaldato il legame comunitario e di sussidiarietà, sviluppano e organizzano attività ed interventi a basso impatto, in grado di monitorare e intercettare possibili condizioni di fragilità presenti nel territorio e allo stesso tempo sviluppano iniziative capaci di contrastare l’isolamento e il decadimento psico-fisico. Iniziative come: gruppi di cammino, attività motoria per la terza età, implementazione e sostegno di attività di socializzazione nei centri polifunzionali a favore degli anziani (corsi di cucito, di computer, salotti di lettura, serate informative a tema di promozione del benessere in terza età, gite e soggiorni turistici per la fascia anziana e molto altro), vengono organizzati e coordinati attraverso collaborazioni tra Enti Locali e associazioni del terzo settore profit e non e il volontariato. La potenzialità intrinseca di tali interventi è quella di sviluppare il senso di appartenenza alla comunità, la capacità dei cittadini di farsi carico delle fragilità e operare assieme alle istituzioni, per consolidare un rapporto mutualistico di sostegno.

e. Il “Progetto Sollievo”

Con la DGR n. 1873 del 15 ottobre 2013 è stato dato avvio in Veneto al "Progetto Sollievo" da realizzarsi in tutto il territorio regionale, in attuazione a quanto previsto dall'intesa della Conferenza Unificata del 19 aprile 2012 relativamente al proseguimento e consolidamento del sistema integrato di servizi socio-educativi a favore degli anziani e della famiglia, per quanto riguarda la componente sociale.

Lo scopo del progetto è quello di mettere in campo sinergie tra istituzioni ed associazioni, tra soggetti deputati all'assistenza e il mondo del volontariato. Lo scopo è quello di favorire una strategia di lavoro in rete che permetta di meglio fronteggiare la criticità dovuta alla carenza di risorse, mantenendo l'obiettivo di garantire la continuità dell'assistenza a domicilio delle persone affette da demenza.

I Centri Sollievo sono luoghi nei quali volontari preparati e formati accolgono, per qualche ora alla settimana, le persone con decadimento cognitivo in fase lieve (Allegato A, DGR n. 1873 del 15 ottobre 2013), senza significativi disturbi comportamentali e necessità assistenziali. In questi luoghi si svolgono attività specifiche, adeguate e mirate rispetto alle esigenze delle persone coinvolte e al loro livello di abilità residue, con la supervisione di professionisti esperti, che garantiscono la coerenza delle azioni svolte con l'evidenza scientifica, pur nei limiti previsti dal ruolo dell'operatore volontario (DGR n. 1873 del 15 ottobre 2013). Il progetto, oltre a dare al malato occasione di socializzazione e stimolo per le abilità residue, permette alle famiglie di usufruire di spazi temporali propri, alleggerendo quindi, il carico assistenziale e favorendo la disponibilità nel mantenere a domicilio il congiunto. Per tali motivo il "Progetto Sollievo" ha particolare rilevanza in quanto riduce e allontana l'istituzionalizzazione della persona offrendo alla famiglia anche un supporto emotivo in una logica di prevenzione e di presa in carico dei bisogni emergenti, con conseguente contenimento dei costi destinati a divenire molto onerosi.

La peculiarità di questa progettualità è quella di favorire la nascita di coordinamenti tra associazioni che si occupano di demenza, il mondo del volontariato favorendo una sinergia tra le istituzioni, i Comuni e le Aziende ULSS in un sistema di rete.

Il progetto, entrato a regime a seguito delle deliberazioni della Giunta regionale n. 2677/2014, n. 368/2015, n. 1463/2016 e n. 1489/2017, giunto ormai alla IV annualità (DGR n. 1975/2018), rientra tra gli interventi regionali a sostegno della domiciliarità e, in particolare, della famiglia che assiste un anziano fragile.

Il “Progetto Sollievo”, declinato in ciascuna Azienda ULSS, tenendo conto delle peculiarità territoriali, delle esigenze emerse e delle realtà del Terzo Settore, ha messo in luce delle buone pratiche che potrebbero essere sviluppate in tutti gli ambiti aziendali interessati, allo scopo di valorizzarne anche i molteplici aspetti di rilevanza sociale. La rilevazione dell’impatto del “Progetto Sollievo” in ambito regionale ha consentito, infatti, di evidenziare quanto esso sia radicato nel territorio e come stiano aumentando le persone che ne usufruiscono ed i volontari che vi si dedicano. I Centri attivi sono 141, 272 i comuni coinvolti, con circa 1500 utenti e più di 1400 volontari, 167 i soggetti del Terzo Settore: dati questi estremamente significativi di come l’iniziativa avviata con la DGR n. 1873/2013 abbia raggiunto gli obiettivi prefissati.

Al Centro Sollievo posso accedere persone con diagnosi di decadimento cognitivo eseguita presso CDCD e i loro familiari per attività di sostegno e formazione. Si prevede che la fase della malattia debba essere tale da non richiedere una prevalente assistenza di tipo sanitario, compatibilmente con le caratteristiche della persona e sulla base delle indicazioni del team operativo di gestione del Centro Sollievo e del medico di riferimento.

Sono promosse attività di socializzazione ed accoglienza, a sostegno delle abilità residue attraverso una modalità relazionale compatibile con le problematiche cognitive degli ospiti. Le attività si svolgono in locali che per accessibilità, funzionalità e sicurezza risultino adeguati alle necessità degli ospiti e dei volontari e allo svolgimento delle azioni.

E’ prevista per i volontari del Centro Sollievo, una specifica formazione sul campo condotta da professionisti competenti ed una supervisione attuata da consulenti esperti, individuati dal Centro Sollievo, per la verifica delle azioni, l’accompagnamento dei volontari ed il sostegno famigliare.

Per il superamento dell’auto-isolamento dei caregiver vengono promosse opportunità di supporto e di formazione continua.

Il “Progetto Sollievo” punta infine al coinvolgimento e alla collaborazione di diversi attori pubblico/privati (medici di medicina generale, CDCD, Servizi Sociali del comune, Terzo Settore, Centri Servizi del Volontariato) nell’ambito del coordinamento interdistrettuale e al coinvolgimento delle giovani generazioni alle iniziative, valorizzando il volontariato giovanile, od offrendo ai giovani che hanno scelto di operare professionalmente in ambito sociale e socio-assistenziale la possibilità di fare un’esperienza formativa significativa, grazie all’affiancamento ed alla supervisione dei professionisti operanti nei progetti.

f. La Sezione Alta Protezione Alzheimer Domiciliare (SAPAD)

Si tratta di un servizio che assicura continuità di cura e sostegno al malato e alle famiglie e che prevede un intervento strutturato di operatori qualificati (fisioterapisti, psicologi, logopedisti, infermieri, educatori a seconda della necessità) direttamente al domicilio del malato.

Il servizio mira a:

    • rendere il nucleo familiare più competente ed autonomo, fornendo informazioni e strategie per la gestione nella quotidianità (comunicazione, igiene, abbigliamento, alimentazione…), garantendo la continuità della presa in carico, da parte dei servizi
    • fornire un riferimento utile e sicuro alla famiglia
    • fornire supporto psicologico ai caregiver
    • mantenere il più a lungo possibile il paziente con demenza nel proprio ambiente di vita migliorando il benessere all'interno del proprio contesto familiare, ritardando così il processo di istituzionalizzazione.


2. I servizi semiresidenziali

g. Il Centro diurno per persone anziane non autosufficienti

La DGR n. 84/200722 definisce il Centro diurno per persone anziane non autosufficienti come un servizio complesso con la finalità di ritardare l’istituzionalizzazione e il decadimento psico-fisico dell’anziano e di fornire sostegno e sollievo alle persone anziane non autosufficienti e alle loro famiglie. Esso è destinato a svolgere un ruolo importante e strategico nella integrazione delle politiche territoriali a favore degli anziani, perché concorre a mantenere la persona nel proprio ambiente familiare e sociale, in quanto è capace di adattarsi alle necessità degli utenti, fornendo servizi coordinati e differenziati in funzione dei bisogni espressi. Il Centro diurno costituisce perciò uno dei servizi più importanti di supporto alla famiglia per l’assistenza alle persone non autosufficienti affette da demenza e di raccordo tra il sistema della residenzialità e della domiciliarità.

La DGR n. 464/2006 - con la quale la Giunta regionale ha approvato la programmazione relativa al sistema dei servizi e degli interventi a favore degli anziani e delle persone non autosufficienti - stabilisce che il fabbisogno di posti di Centro diurno è determinato nella misura del 10% del fabbisogno di posti di residenzialità23, ed è perciò pari a circa 2.800 posti. Attualmente il numero di posti di Centro diurno autorizzati all’esercizio nella Regione del Veneto è pari a 1.769 unità, dislocate in 125 unità di offerta, pari al 63% del valore programmato.

Il medesimo provvedimento regionale stabilisce inoltre che ogni Azienda ULSS deve prevedere la presenza nel territorio di almeno un Centro diurno organizzato e strutturato per l’accoglienza di persone non autosufficienti con morbo di Alzheimer.

Nel 2018 i Centri diurni del Veneto hanno accolto 3.036 persone (1.865 utenti equivalenti o medi) per un totale di 486.772 giornate di assistenza. Il 32% dell’utenza appartiene al profilo SVaMA 16 (Problemi comportamentali prevalenti, discreta autonomia), il 19% al profilo SVaMA 8 (Confuso, deambula assistito), il 13% al profilo SVaMA 17 (Problemi comportamentali, dipendente), il 13% è valutato nel profilo SVaMA 11 (Confuso o stuporoso, totalmente dipendente). Le percentuali si riferiscono alla valutazione all'ingresso in struttura.

I requisiti organizzativi prevedono la presenza media nell’anno di un operatore sociosanitario (o equipollente) ogni 4 ospiti, di un infermiere part time al 75% ogni 30 ospiti. Un operatore garantisce anche la funzione di coordinamento.

3. I Servizi residenziali

h. Il Centro di servizi per persone anziane non autosufficienti

La DGR n. 84/2007 definisce il Centro di servizi per persone anziane non autosufficienti come un presidio (residenziale) che offre a persone non autosufficienti, di norma anziani, con esiti di patologie fisiche, psichiche, sensoriali e miste non curabili a domicilio, un livello di assistenza medica, infermieristica, riabilitativa, tutelare e alberghiera organizzate in base alla specifica unità di offerta. Il Centro di servizi ha una capacità ricettiva massima di 120 posti letto, organizzati in nuclei di massimo 30 persone. Il Centro di servizi per persone anziane non autosufficienti è articolato in due tipologie di offerta:

· Unità di offerta (UDO) per persone anziane non autosufficienti con ridotto-minimo bisogno assistenziale (1° livello), caratterizzata dai seguenti standard organizzativi specifici: presenza media nell’anno di 1 operatore socio-sanitario ogni 2,5 ospiti e di 1 infermiere ogni 15 ospiti, con reperibilità notturna.

· UDO per persone anziane non autosufficienti con medio bisogno assistenziale (2° livello), con i seguenti standard organizzativi specifici: presenza media nell’anno di 1 operatore socio-sanitario ogni 2,4 ospiti e di 1 infermiere ogni 12 ospiti, con copertura nelle ore notturne di almeno 1 infermiere ogni 60 ospiti. Il numero di posti letto delle UDO di 2° livello non può superare il 25% di quelli di 1° livello in ogni ambito territoriale25.

L’accesso a queste strutture avviene sulla base del profilo assistenziale SVaMA individuato dalla UVMD. La programmazione regionale assegna i profili SVaMA dal 2 al 13 al 1° livello assistenziale ed i profili SVaMA dal 14 al 17 al secondo livello. L’inserimento del profilo 16 nel 2° livello è stato disposto26 “al fine di rendere la scheda SVaMA maggiormente omogenea per la transcodifica dei punteggi di gravità, soprattutto relativamente ai profili 16 e 17, riconoscendo in tal modo che le situazioni di grave demenza hanno carattere di priorità nell'accesso alle UDO di intensità assistenziale di 2° livello.

i. La Sezione Alta Protezione Alzheimer (SAPA)

Con la DGR n. 2208/200127 la Giunta regionale ha previsto di affiancare alle strutture residenziali extraospedaliere di 1° e 2° livello anche delle “sezioni residenziali con assistenza ad alta protezione, nelle quali l’approccio clinico e assistenziale al malato di Alzheimer sarà particolarmente indirizzato alla gestione di specifiche fasi del processo terapeutico-riabilitativo”. Tali unità di offerta sono state denominate SAPA (acronimo di Sezione Alta Protezione Alzheimer) e sono destinate ad accogliere “soggetti affetti da demenza di grado moderato-severo, che per il livello del deficit cognitivo e per la presenza di significative alterazioni comportamentali non trovino una risposta adeguata con l’assistenza domiciliare o in altre forme di residenzialità con assistenza estensiva e per i quali sia necessario far ricorso ad una struttura con requisiti ambientali specifici e con una specifico standard di personale formato a sostenere i programmi assistenziali”.

Tra gli obiettivi dei SAPA evidenziamo quello di “fornire una sempre più specifica e specialistica assistenza agli utenti con demenza e ai caregiver, mantenendo il più a lungo possibile al proprio domicilio anche il soggetto difficile che può giovarsi di questa ulteriore opportunità residenziale nei periodi di crisi assistenziali, tutto sotto la responsabilità del medico di medicina generale e del Distretto di riferimento”. Per tale motivo il SAPA costituisce una risposta limitata nel tempo, non superiore a 60 giorni continuativi nell'anno, necessario ad effettuare il programma assistenziale e clinico, con predisposizione ed individuazione della successiva risposta assistenziale che può contemplare una delle seguenti possibilità: rientro domiciliare senza particolari interventi; rientro con Assistenza Domiciliare Integrata (ADI); accesso a servizio semiresidenziale o residenziale.

La DGR n. 2208/2001 prevede che i SAPA perseguano obiettivi comuni a tutte le sezioni residenziali dedicate alle demenze quali:

1) Progetti terapeutici specifici per:

a. disturbi cognitivi

b. disturbi del comportamento

c. disturbi della motricità

d. gestione dei disturbi sfinteriali

2) Programmi di riattivazione e di ricondizionamento cognitivo, qualora possibile

3) Formazione del caregiver e del personale di assistenza sui temi del riconoscimento dei disturbi comportamentali, sulla gestione non farmacologica degli stessi e sulla gestione delle problematiche relative all’uso della contenzione ambientale, fisica e farmacologica

4) Utilizzo di strumenti validati per la verifica degli esiti

Inoltre i SAPA devono garantire:

5) la gestione della criticità che ha motivato l’accoglienza in una sezione residenziale ad alta protezione, compresa la ridefinizione del peso delle problematiche sociali e la progettazione dei relativi interventi.

Le figure professionali previste nel SAPA sono l’infermiere, l’operatore socio-sanitario, l’educatore-animatore e il fisioterapista/terapista occupazionale e lo psicologo. È prevista inoltre l’assistenza del medico di medicina generale, con compiti di diagnosi e cura, integrata dalla collaborazione settimanale con le seguenti figure mediche: specialista neurologo, geriatra, psichiatra o altri specialisti competenti.

Nella Regione del Veneto gli utenti dei SAPA sono stati 543 nel corso del 2018, pari a 100 utenti equivalenti (numero calcolato dividendo per 365 il totale delle giornate di assistenza complessivamente rilevate nel servizio) su un totale complessivo di 153 posti accreditati.