Medico di famiglia
Questa pagina è pensata per fornire un supporto dettagliato ai medici di medicina generale (MMG), considerati il primo punto di riferimento per le persone che manifestano difficoltà cognitive e i loro familiari.
Il ruolo del MMG è fondamentale nell'intercettazione precoce dei sintomi, nell'invio ai Centri per i Disturbi Cognitivi e Demenze (CDCD) per gli approfondimenti diagnostici necessari, nella spiegazione della diagnosi e della terapia, e nell'attivazione di un percorso assistenziale appropriato.
Attraverso una serie di sezioni dettagliate, il nostro sito illustra il processo di gestione del paziente, dall'individuazione iniziale dei disturbi alla fase terminale e alle cure palliative, garantendo un monitoraggio continuo e un supporto costante per il paziente e la sua famiglia.
"Le seguenti buone pratiche si riferiscono alla presa in carico TEORICA di persone con declino cognitivo e delle loro famiglie dal punto di vista di un medico di medicina generale"
Indice di pagina
Il medico di medicina generale risulta naturalmente il primo riferimento sanitario a cui la persona che lamenta difficoltà cognitive o i suoi familiari si possono rivolgere per un aiuto, ma anche il punto di riferimento strategico nell’ottica di una presa in carico continuativa. È dunque opportuno che il medico di medicina generale abbia consapevolezza del proprio ruolo e della rilevanza che la sua sensibilità clinica avrà nell’individuare correttamente i sintomi cardine e i segni di una patologia, anche nelle fasi molto iniziali.
L'intercettazione del paziente con problemi cognitivi e comportamentali
Un paziente (o un familiare per lui/lei) mi segnala di avere problemi cognitivi ed eventualmente comportamentali.
Dopo una prima fase di osservazione diretta del paziente, che comprende anche modo di esprimersi, modo di presentarsi e cura di sé, valuto il suo contesto di vita e di relazione (dove vive, chi si sta prendendo cura di lui, eventuale presenza di una rete di sostegno informale…).
Possono essere utili i seguenti criteri di classificazione:
- persona con meno di 65 anni con una famiglia a carico e un lavoro
- persona con meno di 65 anni che vive da sola
- persona con più di 65 anni, o pensionata, che vive in famiglia
- persona con più di 65 anni, o pensionata, che vive sola
Eseguo una valutazione cognitiva preliminare: somministro il Test GPCog.
Se viene confermato il sospetto di decadimento cognitivo prescrivo alcuni accertamenti (esami ematochimici, TAC, ECG…). Gli esami di base proposti a completamento delle valutazioni preliminari sono descritti nella tabella seguente e scaricabili in formato PDF dal link sottostante.
La diagnosi di disturbo neurocognitivo nelle persone più giovani
Scarica dal collegamento qui sotto, il volantino in formato PDF contenente la GUIDA PRATICA PER I MEDICI DI MEDICINA GENERALE tradotto da Diagnosing Dementia in younger people. A decision making guide for GPs, Young Dementia Network, UK .
L'invio al CDCD per gli approfondimenti diagnostici
Se riscontro la necessità di eseguire un approfondimento diagnostico, invio il paziente al CDCD di riferimento:
- emetto una IMPEGNATIVA (con quesito diagnostico disturbi della memoria, sospetto decadimento cognitivo, presso CDCD) con richiesta di:
- Prima visita neurologica per disturbi della memoria (codice 89.13_8)
- Prima visita geriatrica per CDCD (codice 89.7_38) con quesito diagnostico “disturbi della memoria, sospetto decadimento cognitivo”
- Prima visita neuropsichiatrica per CDCD (codice 94.19.1_6) con quesito diagnostico “disturbi della memoria, sospetto decadimento cognitivo”
- fornisco istruzioni al paziente per chiamare il CUP per prenotare la visita presso il CDCD del proprio territorio;
- consegno al paziente una relazione con descrizione delle eventuali comorbilità e terapia in atto da presentare allo specialista del CDCD, riassuntiva degli esami eseguiti e del quesito diagnostico;
- introduco il paziente alla conoscenza del sistema dei servizi dedicati alle persone con disturbo neurocognitivo e alle loro famiglie;
- fornisco indicazioni per un corretto stile di vita (evitare fumo e alcool, seguire un’alimentazione appropriata, attività fisica, attività mentale…);
- fornisco indicazioni per la correzione di fattori di rischio modificabili (ipertensione, iperglicemia, ipoglicemia, dislipidemia, obesità, depressione,…);
- dopo che il paziente mi comunicherà la data della visita specialistica, gli fisserò un appuntamento per la restituzione degli esiti della visita al CDCD.
Se non riscontro la necessità di eseguire un approfondimento, rivaluterò il paziente a distanza di un periodo temporale (es: 6 mesi) da concordare con il paziente. Nel frattempo posso:
- fornire indicazioni per un corretto stile di vita (evitare fumo e alcool, seguire un’alimentazione appropriata, attività fisica, attività mentale…);
- fornire indicazioni per la correzione di fattori di rischio modificabili (ipertensione, iperglicemia, ipoglicemia, dislipidemia, obesità, depressione,…).
La spiegazione della diagnosi e della terapia
Al ritorno dal CDCD con gli esiti degli esami eseguiti organizzo un colloquio con il paziente e il familiare, nel corso del quale:
- spiego la diagnosi;
- spiego il trattamento farmacologico impostato dal CDCD;
- spiego il trattamento riabilitativo impostato dal CDCD;
- spiego il ruolo dell’ambiente protesico nella gestione del declino cognitivo e nel controllo dei disturbi del comportamento;
- nei casi giovanili analizzo le implicazioni riguardanti il lavoro, i figli, la guida dell’automobile, ecc.;
- predispongo il percorso assistenziale;
- valuto se è il caso di proporre la nomina di un amministratore di sostegno e informo della possibilità di nominare un fiduciario (DAT Disposizioni Anticipate di Trattamento)
L'attivazione del percorso assistenziale
Con il paziente e i familiari/caregiver verifico qual è il bisogno assistenziale in relazione al contesto di vita.
Ecco i principali casi possibili di bisogno del paziente e del caregiver (sono elencati in una possibile gerarchia di intensità, per favorire la risposta più appropriata al bisogno del paziente e del caregiver):
- assistibile in ambulatorio e/o a domicilio, con necessità di supporto (sollievo) del familiare caregiver, ad orario, anche presso centri sollievo a carattere diurno (es: progetto regionale “Sollievo”, Memory Caffè, ecc.);
- assistibile in ambulatorio e/o a domicilio con necessità di supporto da parte dei servizi sociali comunali (SAD, segretariato sociale, consegna pasti a domicilio…);
- assistibile in ambulatorio e/o a domicilio, ma con necessità di supporto economico: richiesta dell’Impegnativa di cura domiciliare (ICDb o ICDm), se ha ISEE socio-sanitario <16.700€;
- assistibile in ambulatorio e/o a domicilio con necessità di acquisto di prestazioni professionali private di assistenza/sorveglianza;
- assistibile in ambulatorio e/o a domicilio, con necessità di supporto continuativo con assistente familiare (badante);
- assistibile in ambulatorio e/o a domicilio, con necessità di supporto presso centro diurno;
- assistibile a domicilio, con necessità di attivazione di presa in carico residenziale temporanea (ricovero di sollievo della durata di 30 giorni per 3 volte all’anno, non consecutive);
- attivazione di una accoglienza temporanea presso una Sezione Alta Protezione Alzheimer SAPA (max 60 giorni) finalizzata al rientro a domicilio;
- attivazione di un’accoglienza definitiva presso struttura residenziale extraospedaliera.
Ai fini di definire il progetto, la sua appropriatezza relativa al bisogno, e di redigere il progetto assistenziale individuale (PAI), il percorso da attivare è il seguente:
- per i casi da 1 a 5: metto in collegamento il paziente/caregiver con l’assistente sociale o con il punto di accesso ai servizi sociali e sociosanitari, fornendo i necessari recapiti;
- in particolare, per il caso 4 (assistenza privata) e 5 (badante) è opportuno anche entrare in contatto con chi effettuerà l’assistenza alla famiglia, ad esempio per fornire all’assistente le indicazioni per la somministrazione dei farmaci, oppure su come relazionarsi con il medico in caso di particolari necessità;
- per i casi da 6 a 9 per cui è necessaria l’attivazione di una Unità di Valutazione Multidisciplinare Distrettuale (UVMD): propongo di prendere contatti con l’assistente sociale fornendo l’indirizzo e il numero di telefono dello sportello integrato del comune e con il Distretto socio-sanitario.
Inoltre posso:
- richiedere servizi sanitari domiciliari (ADI e fornitura di ausili e di presidi per l’incontinenza);
- predisporre la documentazione per l’inoltro all’INPS (tramite il CAF) della richiesta di una valutazione del gradi di invalidità;
- predisporre la documentazione per l’attivazione dei permessi lavorativi previsti dalla Legge 104/1992;
- attivare cure palliative.
Dopo la diagnosi, l’esenzione
Le malattie croniche, tra cui il disturbo neurocognitivo, sono “problemi di salute che richiedono un trattamento continuo durante un periodo di tempo da anni a decadi”, secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS). Il Servizio Sanitario Nazionale (SSN) prevede, per alcune di esse, la possibilità di usufruire di alcune prestazioni di specialistica ambulatoriale, finalizzate al monitoraggio della malattia e alla prevenzione di complicanze e ulteriori aggravamenti in esenzione dal ticket (Decreto ministeriale 329/99 e successive modifiche).
Il Decreto legislativo 124/98 individua sulla base di criteri dettati da gravità clinica, grado di invalidità e onerosità della quota di partecipazione derivante dal costo del relativo trattamento, le malattie e le condizioni che danno diritto all’esenzione. L’elenco delle malattie croniche esenti dalla partecipazione al costo delle prestazioni è stato ridefinito e aggiornato dal Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri sui nuovi LEA del 12 gennaio 2017 e sostituisce il precedente.
Si riportano qui di seguito i codici ICD9CM e i codici esenzione previsti nel DPCM 12 gennaio 2017, allegato 8:
- 290.0 Demenza senile, non complicata
- 290.1 Demenza presenile
- 290.2 Demenza senile, con aspetti deliranti o depressivi
- 290.4 Semenza arteriosclerotica
- 331.0 Malattia di Alzheimer
- 011.290.0 Demenze
- 011.290.1 Demenze
- 011.290.2 Demenze
- 011.290.04 Demenze
- 029.331.0 Malattia di Alzheimer
La gestione del paziente con disturbo neurocognitivo dovrebbe prevedere l’integrazione tra CDCD, l’équipe delle cure primarie (medico di medicina generale, ADI) e assistente sociale.
Il medico di medicina generale (MMG) dovrebbe collaborare alla presa in carico del paziente con disturbo neurocognitivo garantendo la necessaria continuità clinico assistenziale nel periodo intercorrente tra una visita presso il CDCD e la successiva.
Il MMG rileva i bisogni espressi e inespressi del caregiver attraverso il monitoraggio delle possibili ricadute clinico-funzionali e socio-ambientali, nonché di eventuali terapie farmacologiche e non farmacologiche, con valutazione di eventuali effetti collaterali e conseguente segnalazione al CDCD di riferimento.
E’ prioritario che paziente e famiglia abbiano dei riferimenti precisi e operativi.
Il monitoraggio della malattia e del percorso assistenziale
Programmo con il paziente e il caregiver una visita ogni 4/6 mesi se clinicamente stabile, o secondo bisogno, al fine di acquisire gli esiti delle visite di monitoraggio eseguite presso il CDCD e di gestire le comorbilità.
Attraverso la visita e le rivalutazioni periodiche sulla base della conoscenza del paziente posso:
- visitare il paziente e rilevo i parametri vitali (pressione arteriosa e frequenza cardiaca);
- monitorare l’eventuale evoluzione dei deficit neurosensoriali (ipoacusia, ipovisus);
- valutare la presenza o meno di dolore;
- raccogliere informazioni sullo stile di vita (abitudine al fumo, consumo di alcool);
- controllare lo stato di idratazione e di nutrizione con particolare attenzione alla valutazione del tipo di alimentazione e alla eventuale presenza di disfagia;
- verificare alvo e diuresi (continenza/incontinenza), l’integrità della cute;
- rilevare il ritmo sonno/veglia;
- verifico periodicamente la mobilità del paziente, il corretto uso di eventuali ausili, il rischio di cadute e le capacità funzionali residue (Barthel index);
- valutare la necessità di eventuali dispositivi per garantire la sicurezza del paziente;
- cogliere i bisogni emergenti del paziente, della famiglia e dei caregiver;
- individuare un caregiver di riferimento ed eventualmente indirizzo verso la nomina di un amministratore di sostegno;
- effettuare un monitoraggio vigile di eventuali comorbilità (ipertensione, aritmie, cardiopatia ischemica, scompenso cardiaco, fibrillazione atriale diabete, osteoartrosi, ecc.);
- valutare l’idoneità del luogo in cui vive il paziente;
- valutare il livello di burnout del caregiver e i segni indiretti di eventuali maltrattamenti, che vanno segnalati ai servizi sociali e alle autorità competenti previa opportuna verifica, e con presa in carico attraverso l’’attivazione dell’ UVMD;
- valutare la presenza di disturbi del comportamento cogliendo la modalità di esordio (improvvisa comparsa o repentino peggioramento). In tal caso la scelta o l’aggiustamento della terapia specifica andrebbe possibilmente condivisa con il medico di riferimento del CDCD del paziente;
- valutare eventuali modifiche rilevanti del contesto familiare e sociale da richiedere segnalazione al medico di riferimento del CDCD e all’assistente sociale;
- verificare la programmazione delle visite presso il CDCD;
- calendarizzare la visita successiva;
- confrontarmi con il caregiver per assicurarmi sia stato individuato un fiduciario (compilazione Direttive Anticipate di Trattamento DAT);
- prescrivere, per casi particolari, dopo averlo concordato con il medico del CDCD, visita di controllo al di fuori della consueta programmazione. Tale visita andrà predisposta con i seguenti codici del TNF.
Azioni del MMG irrinunciabili per la presa in carico integrata del paziente con disturbo neurocognitivo:
- Coinvolgere il paziente con disturbo neurocognitivo e il caregiver nel processo decisionale delle cure: incoraggiare e consentire al paziente di esprimere le proprie opinioni sulla sua cura e fornire informazioni orali o scritte riguardanti lo stadio della malattia e quali cambiamenti aspettarsi. Valutare la necessità di raccogliere precocemente una dichiarazione che esprima le preferenze riguardo i trattamenti, il luogo di cura e di morte che potrà essere rivista e cambiata in ogni momento (NICE 2018 par 1.1).
- Predisporre, in accordo con il caregiver, il certificato di invalidità civile e quando necessario con diritto all’indennità di accompagnamento ed ai benefici della legge 104, con verifica successiva della esenzione 3C1.
- Avere il riferimento dello specialista del CDCD che segue il paziente (contatti telefonici, l’indirizzo mail, fax) e dove organizzati, i riferimenti per i servizi di tele o video consulenza.
- Prendere contatti con l’infermiere di riferimento del Distretto e del CDCD.
- Prendere contatti con l’assistente sociale del Comune.
- Informare e incoraggiare l’identificazione di un fiduciario.
- Affrontare quando e come nominare un Amministratore di sostegno.
Pazienti che si rivolgono al Pronto Soccorso
La prevalenza delle persone con declino cognitivo che accede al Pronto Soccorso (PS) è variabile (26-40%). Il declino cognitivo generalmente viene sottostimato e poco riconosciuto dal personale del Dipartimento di Emergenza. Dopo l’accesso al PS, questi pazienti presentano una probabilità doppia di essere ricoverati in reparti ospedalieri, rispetto ai soggetti cognitivamente integri.
Non sempre per il paziente che si presenta al PS con disturbi del comportamento che depongono per un sospetto decadimento cognitivo è appropriato il ricovero (DGR n.281 del 14 marzo 2017).
L’accesso al PS può essere un’esperienza frustrante e disorientante per il paziente affetto da disturbo neurocognitivo che in risposta a fattori di stress non familiari può sviluppare sintomi comportamentali, psicologici ed un peggioramento della propria autonomia.
Risulta prioritario escludere in diagnosi differenziale il delirium e la malattia psichiatrica come cause del disturbo così come cause cliniche sottostanti (infezioni, neoplasie ecc.). Nel sospetto che il disturbo sia strettamente legato alla presenza di disturbo neurocognitivo, è indicato programmare un approfondimento il più tempestivo possibile presso il CDCD di riferimento.
Posta la maggior probabilità di ricovero dei pazienti affetti da disturbo neurocognitivo rispetto a quelli cognitivamente integri, indipendentemente dal setting assistenziale di provenienza (domiciliare o residenziale), gli studi evidenziano come nell’ultimo anno di vita l’80% dei pazienti abbia ripetuti ricoveri ritenuti evitabili.
Un numero elevato di persone che accedono al pronto soccorso soffre di una forma severa di disturbo neurocognitivo (Clinical Dementia Rating-CDR 4-5): il 12% dei pazienti che vengono ricoverati in reparto medico provenienti dal PS è affetto da disturbo neurocognitivo severo, per cui è possibile ipotizzare una percentuale doppia se consideriamo anche i malati con disturbo neurocognitivo in fase lieve-moderata e con minore compromissione dell’autosufficienza.
Nonostante questi pazienti vengano sottoposti ad un numero maggiore di esami e procedure, le diagnosi tendono ad essere meno accurate: questa condizione viene spiegata dalla presentazione atipica di molte malattie, dalla comorbilità clinica e polifarmacoterapia, che tendono a complicare presentazione, diagnosi, e cura della malattia acuta o cronica riacutizzata.
Le cause più frequenti di accesso in PS o presso il Dipartimento di Emergenza del paziente affetto da distirbo neurocognitivo sono:
- delirium;
- complicanze respiratorie;
- complicanze cardiovascolari;
- gestione farmacologica domiciliare non corretta (cause iatrogene);
- infezione delle vie urinarie;
- sepsi;
- disidratazione;
- sub-occlusione intestinale;
- traumi e fratture da caduta;
- neoplasie;
- eventi neurologici acuti.
Inoltre i pazienti con diagnosi di demenza hanno maggiori probabilità, nell’arco di 30 giorni, di essere nuovamente ricoverati in ospedale rispetto ai pazienti cognitivamente integri. Il luogo di dimissione non sembra avere un impatto significativo nel ridurre l’associazione tra disturbo neurocognitivo e ricovero ripetuto.
Il ricorso al PS e il successivo possibile ricovero espongono il paziente affetto da disturbo neurocognitivo, a problematiche derivanti da:
- difficoltà nella comunicazione;
- permanenza in un ambiente poco tranquillo e ricco di stimoli negativi, come il pronto soccorso e il successivo trasferimento in reparto;
- manovre come prelievi sanguigni, introduzione di aghi cannula, cateteri vescicali, esame obiettivo ecc., vengono vissuti come traumatici per il paziente che non ne comprende le ragioni.
Tali aspetti necessitano pertanto di alcuni accorgimenti tra cui la possibilità di identificare alcuni indicatori di fragilità rilevabili già al triage: si tratta di dati demografici e clinico socio-sanitari attraverso i quali individuare i pazienti più vulnerabili classificandoli con un codice specifico. Un progetto sperimentale per “L’attivazione di un percorso dedicato ai pazienti anziani fragili” che coinvolgerà inizialmente solo alcuni PS della regione Veneto è in corso di definizione. Obiettivo del progetto è l’identificazione rapida dei pazienti anziani fragili mediante uno score semplificato, che permetta la validazione di un punteggio, definito informaticamente, specifico per questi pazienti che riduca, a parità di codice colore (verde e bianco), l’attesa al PS. Tale progetto dovrebbe prevedere la rivalutazione del paziente in tempi idonei, la predisposizione di spazi funzionali adeguati, l’utilizzo di ausili adeguati, la possibilità di garantire sempre la presenza di un familiare, anche durante la visita. La conseguente attivazione di una rete integrata di cure attraverso l’attivazione della Centrale Operativa Territoriale.
Risulta quindi di prioritaria importanza per il paziente affetto da disturbo neurocognitivo la definizione di un percorso appropriato che sia in grado di garantire le transizioni tra luoghi di cura diversi e/o livelli assistenziali differenti, in particolare, per quanto riguarda le dimissioni verso il domicilio, le strutture socio-sanitarie extraospedaliere, le strutture di ricovero intermedie (Piano SS 2019-23).
All A DGR nr. 1035 del 12 luglio 2019
Con testo Approvazione delle disposizioni operative per l'efficientamento del modello organizzativo di Pronto Soccorso ed individuazione delle azioni per il governo del personale di Pronto Soccorso. PSSR 2019-2023 Le pagine 5 e 6 del documento approfondiscono il percorso dedicato ai pazienti anziani fragili.
Fase assistenziale terminale e le cure palliative
La legge 219/2017 ricorda come nelle fasi di malattia avanzata e prognosi infausta a breve termine o di imminenza di morte “il medico deve astenersi da ogni ostinazione irragionevole nella somministrazione delle cure e dal ricorso a trattamenti inutili o sproporzionati”, ma nello stesso tempo, deve essere garantita la terapia del dolore con il coinvolgimento del medico di medicina generale e delle cure palliative. La Legge 38/2010 infatti sancisce il diritto a ricevere cure palliative per tutti coloro che ne hanno necessità, a prescindere dalla malattia.
Nella fase terminale, la persona affetta da disturbo neurocognitivo è completamente dipendente, necessita di assistenza continua e totale perché incapace di compiere gli atti della vita quotidiana.
Obiettivo. Le cure palliative contribuiscono a controllare la sofferenza durante le diverse traiettorie di malattie cronico-degenerative avanzate; è importante che i curanti siano preparati a promuovere un’assistenza basata non solo sulle evidenze, ma anche sui desideri e sulle preferenze del paziente; le volontà del paziente vanno raccolte quando è ancora in grado di esprimerle, favorendo la formalizzazione delle Disposizioni Anticipate di Trattamento (DAT) e nominando, se necessario, un amministratore di sostegno, scelto dalla persona stessa a garanzia della tutela delle proprie volontà.
Rete. La presa in carico di pazienti con cronicità avanzata è gestita preferibilmente dall’Unità di Cure Palliative, la quale, come citato nel PSSR 2019-2023, “nell’attuazione del piano integrato di cura, ne garantisce la continuità attraverso il coordinamento della rete locale di cure palliative, che comporta la gestione delle transizioni, in collaborazione con la Centrale Operativa Territoriale, dai setting ospedalieri e territoriali, privilegiando le cure extraospedaliere, in particolare domiciliari.” Il percorso del paziente affetto da disturbo neurocognitivo in fase avanzata nell’ambito della rete di cure palliative viene attivato su richiesta del medico di medicina generale e dell’infermiere delle cure domiciliari; richiede la valutazione in UVMD di: medico di medicina generale, medico palliativista, infermiere e le figure ritenute necessarie (es. Amministratore di sostegno) a raggiungere gli obiettivi del piano assistenziale personalizzato. Il domicilio diventa il luogo privilegiato per le cure. Le ospedalizzazioni nella fase terminale della malattia spesso risultano inappropriate e andrebbero possibilmente evitate.
Attività. Le cure palliative sono coordinate dallo specialista palliativista, in qualità di responsabile clinico in collaborazione con il medico di medicina generale e la geriatria territoriale, se presente; il PAI prodotto in UVMD, deve tenere in considerazione le DAT di fronte alla scelte particolari come interventi invasivi legati alla nutrizione.
Strumenti. Il paziente, in questa fase, viene valutato con strumenti adeguati a pazienti con disturbi cognitivi.
Cara/o medico di famiglia,
se hai dubbi, domande o suggerimenti per migliorare questa pagina, lascia un commento.
Grazie!